Three Steps to the Ocean – Scents
Autore: Three Steps to the Ocean
Genere: post-metal, post-rock, post-hardcore
2012
Tout court: mmm…
lo posso dire? lo dico: francamente mi aspettavo qualcosa di meglio. non fraintendetemi, l’album non è niente male: ha tutte le cosine giuste al posto loro, c’ha ritmo, agrressività e melodia, e l’atmosfera soffusa già suggerita nel nome della band è fedelmente riprodotta anche nella proposta. però c’è un però: l’esordio m’era garbato molto di più. col primo album ero rimasto più coinvolto e più elettrizzato, a fine sessione, mentre questo mi è piaciuto sì, però… boh, forse sono io che ho perso un po’ l’orecchio e il gusto per post-metallo, ma boiacan chi se l’aspettava che avrei avuto ‘sta reazione? lo attendevo mangiucchiandomi le unghie e chiedendomi quando? quando l’avrebbero messo sul loro bandcamp? e quando alla fine è arrivato me lo sono sparato tutto d’un sorso. magari, è stato questo l’errore: farsi fregare dall’aspettativa…
Dyskinesia – Dalla Nascita
Autore: Dyskinesia
Genere: post-rock, post-metal, noise, drone, sludge
2011
Tout court: il Generale Inverno è sbarcato in Italia.
un suono granitico. questa è la prima cosa che ho pensato sentendo i piacentini Dyskinesia, alla seconda prova. come una colata di cemento, o ancor meglio di lava, che scende lenta ma inesorabile e sembra seppellirci tutti. un suono così corposo e al contempo vorticante e variegato, raramente m’è capitato all’orecchio – sarò io che non presto abbastanza attenzione? com’era il titolo di quel disco dei Today Is The Day? ah, sì: Sadness Will Prevail. be’, io lo riutilizzerei anche per il qui presente. e, se non è proprio tristezza, a prevalere, sicuramente è la Disperazione, che anche qui, nel paese della pizza e del mandolino e della barzellette su Totti e Berlusconi, c’è e si sente, ma ancora non era venuto in mente a nessuno di suonarla. un’altra cosa che mi ha colpito in positivo, è l’essenzialità: tracklist senza titoli ma numerata (eccetto che per la titletrack, ma chissenefrega), coordinate sonore che si muovono su ampio raggio ma sempre ben saldi su pochi punti fermi. poi, c’è da aggiugere che i ragazzi e i compari della Frohike Records [vedi linc sotto] hanno avuto quest’idea veramente encomiabile e antagonista (visti i tempi) di mettere tutto in fri daunlò e lasciare che siano gli ascoltatori ad auto-finanziarsi la personale copia, che nel caso gli verrà inviata in formato extra-super-lusso. come dire… non lasciamoceli scappare!
i lincs:
il sito della Frohike dove potere scaricare e donare.
il sito ufficiale della band
il bandcamp
Russian Circles – Empros
Autore: Russian Circles
Genere: post-metal, post-rock, post-hardcore
2011
Tout court: 7+
ve lo dico subito: non è ai livelli di Enter (cioé il loro esordio da paura che m’ha fatto innamorare del gruppo). e nemmeno a quelli di Geneva– che sarebbe il migliore della band se non avessi un legame sentimentale con Enter, colonna sonora (di parte) del mio ultimo anno di liceo e dei conseguenti stravolgimenti emotivi e fisici, stile Piccole donne crescono. l’altra cosa positiva è che, al basso, troviamo ancora l’irsuto Brian Cook, mio campione personale visto il trascorso coi Botch– praticamente un pezzo di storia vivente. la migliore del gruppo è “Mlàdek” che ha anche una storia divertente alle spalle visto che s’intitola così grazie al bus driver del tour europeo del trio, Tomas Mlàdek infatti. probabilmente mi sto lasciando trasportare dall’immaginazione, ma ho deciso che questo onesto lavoratore slovacco (ceco? cecoslovacco? un pornodivo?) sia in realtà uno di quei bontemponi irresistibili, un ganzo che sa il fatto suo insomma. magari invece è solo uno che li ha portati a destinazione sani e salvi, e tanti saluti come si suol dire. mah, tanto non lo sapremo mai…
su mediafire, of course.
se vi guizza l’idea di ordinarlo, il sito della band è: http://russiancirclesband.com/
Shaytankutak – Zhaz
Autore: Shaytankutak (Шайтанкутак)
Genere: post-metal, post-black metal, acoustic
2011
Tout court: cioé, vengono dal Kazakhstan!
no, non mi sono rincojonito. o meglio, non ancora. (o forse sì: stamattina c’avevo la fregola d’andarmi a leggere la pagina di Vasca Rossa sulla nonci(clopedia), convinto di poter ricevere la mia sanissima dose di ironia da generazione zero e ho trovato solo una pagina oscura, allora mi sono rintanato dentro il letto con una tazza di camomilla e una bella scorta di levosulpiride aspettando l’inesorabile degenerazione delle mie carni, e la pensione). e nemmeno mi ha pagato l’Ente turismo kazako, o l’Istituto musicale kazako, sovvenzionandomi (corrompendomi?) dietro pagamento in natura (d’altronde loro sanno che io vado matto per le signorine kazache, ma non hanno trovato niente di mejo da offrirmi tranne squisita carne di cavallo [besbarmak] e lardo di collo di cavallo [zhal], ghiottonerie cui difficilmente saprei resistere), ma non preoccupatevi, sono uno stoico, e ho rifiutato. ho detto: o elefante arrosto, o niente.
ora che ho tergiversato abbastanza, torniamo a noi, cioè al gruppo. pensate che erano partiti con un progetto grind (da qui il romantico nome che, tradotto alla carlona, è una cosa tipo ‘il pene di Satana’) e- ma solo perché sono dei gran burloni, al contrario di qualche vecchia rockstar (sic) scalcagnata e irritata- si sono convertiti al post-rock con discreto successo. vaghissimi echi di Pelican e Ulver, ma vi consiglio di ascoltarli: voglio dire, quando sarete a una delle vostre cene radical-chic in mezzo ai vostri amici radical-chic potrete farvi ganzi coi Shaytankutak e sembrare i più radical-chic di tutti, no?
per trovarli, scrivete il nome della band, il titolo del discotto più mediafire: giunti a destinazione?, grazie e arrivederci.
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