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Amesua – Con il mondo ai piedi del letto

Autore: Amesua

Titolo: Con il mondo ai piedi del letto

Genere: post-hardcore, screamo

2012

Tout court: standing ovation!

 

avete presente quando, poveri e per questo generosi, ci si butta dietro i cancelli, ci s’infilitra nelle serate danzanti, si trambusta col pogo, si prendono gomitate alle gengive e si urla fin quando la gola non sanguina e poi si beve e poi si fuma e poi si beve ancora e ancora e poi si collassa solo quando fa capolino l’alba, su un giaciglio qualunque- un letto, una panchina, il marciapiede? vi siete mai domandati come sarebbe la colonna sonora ideale di quei momenti? io mai, detto francamente. ma quando ho ascoltato tutto intero questo primo disco lungo degli Amesua ho associato immediatamente la musica ai ricordi, e ho avuto l’illuminazione, ho raggiunto il nirvana e sono tornato solo per voi, giusto per dirvi e fare chiarezza sopra ‘sta musica rozza qui, che sarà pure berciata dal fondo dello stomaco ma fa venire le lacrime e la voglia di unirisi in un grido tutti, tutti assieme, tutto il mondo e l’universo intero. e se quattro ragazzi come me e come voi, riescono a fare tutto questo senza chiedere nulla in cambio, credo che un minimo di attenzione e di amore se li meritano proprio. ah, e poi ci hanno pure la prossima hit dell’estate, chevvelodicoaffà?

qui, il frì daunlò del presente e dell’eppì d’esordio, anche quello bellino assai

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Vacanza – s\t

Autore: Vacanza

Titolo: Vacanza

Genere: screamo, post-hardcore

2012

Tout court: belli tosti.

 

 

pur scrivendo dei testi altamente controversi che si son conquistati le antipatie del Vaticano e del Mossad, i Vacanza (e no: non farò alcuna, scontata, battuta da oratorio sul nome dei nostri) mi hanno conquistato subito perché pestano come dei taglialegna su quegli strumenti, urlano come indemoniati e hanno intitolato una canzone Rinoceronte. e già questo basterebbe per fargli meritare la vostra stima, o no? in più metteteci che hanno comunisticamente deciso di mettere il loro lavoro in frì daunlò per la gioia di anziani, piccini, berlusconiani e vegani, e allora non ci avete più scuse. io poi, tanto per dire, è quasi una settimana che me li ascolto a rotella e ancora non mi sono stancato: ci sarà un motivo, eh!

bandcamp (qui il daunlò!)
tmblr

John Talabot – ƒin

Autore: John Talabot

Titolo: ƒin

Genere: deep house, tech house, micro house

2012

Tout court: spettacolo.

 

ehggià. non ve l’aspettavate proprio che anche quel bastian contrario di Giorni di boria s’andasse ad ascoltare il mezzo fenomeno del momento, eh? dico ‘mezzo fenomeno’ perché, a essere onesto, non è che ho tenuto proprio il polso della situazione nella blogosfera e non ho capito bene cosa se ne pensa. mi è bastata qualche rece qua e là per convincermi, dopo mesi e mesi di assordante pubblicità, che valeva la pena. e ho fatto bene. e fareste bene pure voi a dargli un ascolto, perché ‘sto ragazzotto spagnolo (catalano? basco? boh…) ha talento da vendere, nonostante il successo madornale di quei remix che hanno sbancato il metaforico botteghino facesse temere il contrario. tutto s’amalgama bene e si scioglie nelle orecchie che è un piacere, un po’ nel solco di quel brighella di Matias Aguayo (andatevi a riascoltare Ay Ay Ay) e un po’ atteggiandosela come il fenomeno Nicolas Jaar: il risultato è una robetta accattivante che non vi scrollerete presto di dosso.

soundcloud
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Butcher Mind Collapse – Night Dress

Autore: Butcher Mind Collapse

Titolo: Night Dress

Genere: psych-noise, psych-rock, dance-punk, noise

2011

Tout court: sbem bello forte in mezzo agli occhi!

 

 

non avete idea per quanto tempo ho rimandoto l’ascolto di questo discottino qui. e non avete neanche idea di quanto abbia fatto danno a me stesso in questo modo. ma ora sto recuperando, giuro. è una delle robe più oscure, metafisiche e, al contempo, sfacciatamente rilassate che abbia mai avuto la fortuna di ascoltare. dopo due-tre canzoni ho pensato ‘sono degli psych-rockers pesantamente sotto acido’, sottolinenando il pesantemente. poi ho pensato anche ‘e si sono aggiornati con tutto l’industrial e il noise atmosferico degli ultimi vent’anni’. e infine: ‘cazzo se mi piace!’. poi non lo so… ti alternano l’andatura blues tipica di certo psych con delle martellata dance-punk, ti sfoggiano delle trovate da compositori d’avanguardia e, come compagno d’avventura per tutta la durata del disco, la voce di un Ozzy ancor più bastardo che ti sbrindella le orecchie: e io credo d’essermi trovato un nuovo gruppo da adorare.

p.s.: ah, l’ho detto che sono italiani? be’, sì: sono italiani, fatevene una ragione.

i dettagli li trovate qui

guardatevi ‘sto video e poi spiegatemi come si fa a non innamorarsi…

Municipal Waste – The Fatal Feast

Autore: Municipal Waste

Titolo: The Fatal Feast

Genere: thrashcore, powerviolence

2012

Tout court: MUNICIPAL WASTE IS GONNA FUCK YOU UP!

 

 

sì, sono tornati. e non sapete la felicità, perché ‘sti regaz qui sono nella mia top 5 dei gruppi preferiti di sempre, quelli che mi fanno sbrodolare in giuggiole e dimenare come uno zebrone imbizzarrito. però, c’è un però. e il però, per chi scrive, è che i nostri si sono un po’ ammorbiditi (ahem, le chitarre) – che è una cosa perfettamente normale e sana dopo più di dieci anni d’attività perdere un po’ di smalto e via dicendo. poi hanno pure deciso di andarsene da quei crucchi della Nuclear Blast, che musicalmente non conta una sega come cosa, se non per il fatto che hanno lasciato la mia amata Earache… ma vabbe’, saranno pure cazzi loro, e ora è mejo che mi sto zitto. il fatto che rimane è che il suono è sempre una piacevolissima caciara, coi coretti indemoniati e i testi ultra-gore e se siete in vena di sfasciare roba o di fare cinghiamattanza o anche (massìdai!) di limonare duro, questa è la colonna sonora più indicata.

 
MUNICIPAL WASTE IS GONNA FUCK YOU UP!

un video che la dice tutta sul perché amo questi ragazzi:

Altan Urag – Made in Altan Urag

Autore: Altan Urag

Titolo: Made in Altan Urag

Genere: folk rock, progressive folk, psych-folk-rock

2006

Tout court: eh, be’…

per la serie…. i favolosi viaggi di Giorni di boria….

2002: 7 musicisti mongoli decidono di metter su una band che combini la musica tradizionale del loro paese con gli influssi del rock ricevuto dall’Occidente.
2011-2012: a cavallo della nevicata più odiosa d’Italia, il vostro amatissimo (che sarei io), si produce in una full-immersion di film a tema mongolo, scoprendo due cose: a) che quei film gli piaccion un kasino (sì, con la kappa); b) che le musiche dei suddetti film sono delle ficate immani. parliamo di Khadak e Mongol, cui gli Altan Urag partecipano con la colonna sonora.
allora cos’ho fatto io, da buon music-nerd? mi sono andato ad ascoltare un loro intero disco con lo scopo prefisso di rimanere estasiato dalla loro commistione. mica che si tratta di capolavori imprescindibili della musica mondiale, però, a me che piacciono ‘ste piccole perle seminascoste, mi son garbati viuulentemente.
ergo: ve li consiglio caldamente.

4shared ve li tira appresso.

Veils – Clarity EP

Autore: Veils

Titolo: Clarity

Genere: screamo, emocore, post-hardcore

2012

Tout court: bel biglietto da visita!

 

 

confesso di non sapere una beata mazza su questi ragazzi, tranne che vengono dalla vecchia Inghilterra e che sono capitanati da (rullo di tamburi, squillo di tromba) una ragazzotta (sì, non ho sbagliato: ragazzotta con la ‘a’), alla quale, a quanto pare, piace urlare come un’indemoniata e che non ha nulla ma proprio nulla da invidiare ai più cavernosi colleghi coi pantaloni. ma la notizia non è affatto questa, ché siamo nel ventunesimo secolo e il femminismo ha già fracassato i maroni e c’è già stato quel gruppo di nippe grind che spaccava culi a serie da tre. la notizia, semmai, è che si tratta di un ottimo eppì, di quelli che anche dopo millemila ascolti ancora non hai colto tutte le sfumature e così te lo vai a riascoltare per la trilionesima volta. non c’è che dire: un gran bel lavoretto

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vedere per credere…

Arctic Plateau – The Enemy Inside

Autore: Arctic Plateau

Titolo: The Enemy Inside

Genere: shoegaze, alt-rock

2012

Tout court: l’album della conferma.

 

 

non mi faccio alcun problema a dire che il signor Arctic Plateau, per gli intimi Gianluca Divirgilio, è uno di quei pochi nomi dell’alt-rock nostrano che non vi potete permettere il lusso di trascurare. il primo album di qualche anno fa m’era piaciuto non poco e ne avevo decantato le lodi a più non posso e si vede che qualcuno m’è stato a sentire (seee!) visto che al secondo album il nostro se ne va dritto nientemeno che in Germania a firmare. e devo dire che se lo merita proprio. qui si vede che il suono è maturato, c’è più consapevolezza dei mezzi e una ricercatezza che rende la proposta molto personale.e io gradisco, anzi noi gradiamo, moltissimo.

il sito dove trovate tutto quello che non avete mai osato chiedere su Arctic Plateau

Il Buio – Via dalla realtà

Autore: Il Buio

Titolo: Via dalla realtà

Genere: post-punk, post-hardcore, alt-rock, indie

2011

Tout court: la musica per noi sfigati.

confesso che ormai c’ho preso gusto a farmi inondare dalle parole urlate, dalla realtà berciata come una bestemmia, dagli inni bruciati in cinque minuti di cavalcate elettriche. è per questo che questa band veneta mi sta oltremodo simpatica (sì, ho usato “oltremodo”, mi avete beccato: sono una cariatide nell’anima). pensate che son solo due canzoncine (una è il remake di un brano di Caso, ndr), ma mi sono abbastate per farli salire nella mia personale graduatoria dell’alto gradimento. poi- sarà che, in fin dei conti, sono anch’io uno di loro- ma ‘sti giovinastri che cantano l’irrequietezza emotiva dei bui (omen nomen) anni Zero, mi scioglie in un brodo di giuggiole, e mi fa dimenare come sotto elettroshock. oh, si capisce che li sto caldamente consigliando, o no?

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Napalm Death – Utilitarian

Autore: Napalm Death

Titolo: Utilitarian

Genere: grindcore, brutal death metal, experimental

2012

Tout court: l’ennesimo, ottimo lavoro.

[ATTENZIONE: QUELLA CHE STATE LEGGENDO È A TUTTI GLI EFFETTI UNA RECENSIONE SENTIMENTALE]

cosa dovrei aggiungere?
quando mi metto ad ascoltare i Napalm è come entrare fisicamente nell’armadio dei ricordi: basta che mi giro e mi rivedo quando, da sbarbo spennacchiato, acquistavo Scum in quel negozietto di Camden, oppure rivedo la polvere che sputacchiavo nel pogo assassino durante un concerto-delirio al Forte Prenestino. insomma, potrei non finire mai. perché mettere su uno dei loro dischi è come (preparatevi, è in arrivo un metaforone sul binario due) rincontrare vecchi amici, compagni di scuola o quello che vi pare. ovviamente, soltanto quelli che vi stavano simpatici (tant’è vero che almeno metà della classe non la vedo dal giorno della maturità). così è col gruppazzo inglese: sfornano dischi con una continuità disarmante, non dico che siano tutti capolavori, ma ognuno di loro è un lavoro più che dignitoso. personalmente, da Enemy of the Music Business (anno 2000, signori, e la band suona insieme dal.. 1981!) mi son piaciuti tutti (tranne il cover album Leaders not Followers: Part 2). se uno è cresciuto che la mattina ascoltava i Carcass e la sera i Napalm, non riuscirà mai a vederne i difetti, giusto? un po’ come per i film di Bud Spencer e Terence Hill: erano e continuano ad essere oggetti di culto.

un vidìo che ispira una vagonata di whattefuckk dietro l’altro (“this video is fuckin’ LSD”, cit.).

Calibro 35 – Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale

Autore: Calibro 35

Titolo: Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale

Genere: funk-rock, progressive rock

2012

Tout court: la conferma.

 

 

sospettavo che non ci fosse neanche il bisogno di dirlo. di dire cosa? che si tratta, ancora (e dovremmo essere a 3, se non erro), dell’ennesimo gran lavoro dei Calibro 35. che è una robetta veramente stuzzicante, precisa nei minimi dettagli eppure egualmente spontanea e coinvolgente. pur non amando molto il revival cinematic-musicale 70s mi ritrovo lo stesso ad ancheggiare come un Travolta imbrillantinato o a sognare ad occhi aperti la Bouchet che si dimena. il tutto nel solco di chi le mani in pasta ce le ha messe per primo, cioè quei mostri sacri di Morricone, Piccioni, Cipriani e Micalizzi. mica cazzi, no? (perdonatemi il gioco di parole, ma non ho resistito).

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Ancient Sky – T.R.I.P.S.

Autore: Ancient Sky

Titolo: T.R.I.P.S.

Genere: psych-rock, space rock, stoner, sludge, blues

2012

Tout court: psych-rock 2.0.

 

lo psych-rock si riaggiorna e lo fa inglobando elementi presi qua e là, tra Palm Springs (ahem, Kyuss) e tutto lo stuolo dell’alternative che i mostri della psichedelica non hanno fatto in tempo a metabolizzare. il risultato è decisamente accattivante: predomina la cavalcata annacquata da trip lisergico ma ci si abbandona con altrettanta facilità anche a tutto l’armamentario melodico che gli ultimi vent’anni di rock ci hanno portato alle orecchie. il gusto di produzioni come queste sta nel generale senso di rilassatezza che si ottiene all’ascolto: gli Ancient Sky da quel di Brooklyn saranno pure al secondo disco lungo ma sanno decisamente come prendere l’ascoltatore, farlo mettere bello comodo sulla poltrona e trascinarlo via, deserto polveroso o bettola urbana che sia: l’importante è avere gli occhi chiusi e abbandonarsi al trip. fossi in voi ci farei un bel pensierino…

menzione particolare per i ragazzi dell’etichetta (linc in basso), che sono quei mattacchioni che ci hanno consegnato gemme di pezzi di italica Qualità maggiore, come Raein, La Quiete, Magdalene e The Rituals.

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